Fabio Tameni

“I cervi con le ali che corrono al mare meritano tutto questo. Buon viaggio dentro me”. Fabio. 

Un biglietto trovato in un vecchio k-way, mi riporta a lui. Al nostro incontro, ai nostri silenzi per poi dirci “ciao” per riniziare.

Fabio ha tutta la gioventù negli occhi, occhi che ricordano il mare, acqua che mi battezzi, mi immergo. 

Gli messaggio, così come se non ci fosse inizio, senza la fine.

Fabio aiutami a capirmi.

Tu ricorda.

Ricordo il mio battesimo come se fosse ieri (o forse non era il mio? Oppure era la stessa chiesa). Una chiesa alquanto barocca in un paesino “violento” e accusatorio. Indossavo una tunica bianca, quella della prima comunione. (Vedi che non c’entra un cazzo con il battesimo?) In ogni modo tutto si ricollega alla purezza, al candido, al bianco abito che ci distingue da ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, o almeno dovrebbe essere così. L’acqua santa, l’acqua di rose, l’acqua frizzante, tonic water, l’acqua del mare e del lago, l’acquaazzurraacquachiara, l’acqua con il cloro, l’acqua di un rubinetto qualsiasi in un quartiere hipster di Londra, l’acqua del Tevere, l’acqua termale.  Mi ci immergo con tutto il corpo. Mi sono tuffato negli anni in tutte le acque del mondo e continuo a farlo. Adesso la mia gioventù è “una gioventù pesante” condizionata dal passare degli anni / scorrere del tempo. Ma resto sempre a galla nell’acqua di una piscina, la mia seconda casa. L’acqua del mio lago e del mare più immenso che sia. Chiudevo gli occhi e mi ritrovavo nel silenzio blu profondo di acqua che era solo mia, il momento dove tutti i pensieri si sconnettevano dalla realtà e restavo da solo, respirando bolle e pensieri in risalita verso il mondo al di fuori dell’abisso. Chi realizza e sogna a volte non sogna più, e chi si sente solo a volte non piange più se ti dicessi che io non sono quel che vedi se tu mi credessi te lo direi perché non ho freni. 

Io non so più amare, qualcuno mi ha steso. Disteso più volte, ma ora che sono in piedi, sono a piedi.

Cosa si fa per sentirsi amati?  

Qui, sento quell’ansia che sale, ma non ci penso più. Trovi il tuo modo di amare, l’inquietudine. Essere sé stessi. Essere l’acqua del fiume, una cascata, una giostra, una montagna, una bicicletta, una piscina. Come un gatto al buio, io vedevo me. Per essere amati non serve fare nulla. Devi donare, regalare, accertarsi, confermarsi, affermarsi, curare nei dettagli, a disposizione, scrivere di getto, seguire l’istinto, sentire l’impulso, vedere fino a Venere. 

Sono lui, sono te.

Dove ho sbagliato? 

Fabio hai sbagliato.

Ho sbagliato troppe volte nella mia vita. Ma non rimpiango nulla e non ho rimorsi, perché rifarei tutto ciò che ho fatto. Questa è una risposta da reality show. L’unico rimpianto è quello di essere stato troppo buono e comprensivo con gente egoista ed egocentrica, che pensavo fosse un amico/a con i fiocchi. Ma i fiocchi si trovano sulle porte delle case quando nasce un bebè (si usa ancora mettere un fiocco da cicogna fuori dalle porte?) oppure prima di scartare un regalo. Ho sbagliato a dare troppa fiducia alla gente poco meritevole. Com’è, la vita senza fretta? Nessuno ti guarda. E danza, immagina la stanza, siamo solo noi. Come sei veramente? 

Non ti è mai piaciuto cucinare, ti ho solo assaggiato.

Chissà tu cosa stai cucinando?

Niente. Odio cucinare, lo sai, per questo esiste “piatti di merda”. Un concetto che narra la vera essenza di tutte quelle persone che, come me, accozzano cibi di merda per sopravvivere. Stimo gli chef, che gran pazienza. Non sono paziente. Per questo ho creato i piatti più stravaganti (e brutti, naturalmente) dei social. Dolce come il sakè, piccola emozione. Usiamo i sedici muscoli per sorridere. Ti ho cercato dentro una torta che poi non c’era. Contento e muto. 

Ma io ho ricominciato a cucinare di nuovo… e le nostre serate, le serate da soli.

Una serata dove ci raccontiamo, non escludo lacrime dal cielo, semi che colano sui muri. 

Ho pianto troppe volte nelle serate dei racconti, con lacrime dal cielo e semi che colano sui muri. In sere d’estate, in giardino, sotto le stelle di diamanti a parlare della giovinezza e di quanto eravamo felici. Da allora, non è più accaduto. Solo una notte di ottobre in riva al lago, con un vestito di lana a piedi nudi nell’acqua. Una bottiglia di vino rosso, una bella musica che ti fa ballare, un sorriso stampato in faccia e vaffanculo a tutto il resto. Scalavi le montagne per le strade, speravi si avverasse anche per te, li contavi fino a tre, quei pochi secondi, solo per cambiare il mondo 

Love in the answer? 

Love is Silvana, Pietro, Michela, Marco, Claudio, Iside, George, Joy, Ludwig, Patrick, Claudia, Gianluca, Millie, Karola, Linda, Enzo, Agatha, Olivia, Lara, Giacomo, Michela, Deborah, Carlo, Beby, Patty, Kimmy, Elisa, Federica, Giulia, Beatrice, Benedetta. Chi lo sa, ognuno di noi, quante persone contiene, quante promesse mantiene o non mantiene. Siamo estranei e ci diamo del tu. Darsi il tempo di cadere, di guardare un po’ più in la. Scappa sempre un sorriso se gli altri sorridono. Sto allo stesso, punto inciampo nei ricordi. Non so dove sono, lontano da tutto. I pensieri si impigliano, non li hai mica presi tu? Ma a certe domande non so più rispondere. 

Ti dicevo per favore abbracciami.

Dicevo, Fabio cosa mi stai cucinando? 

Generalmente non cucino, ma devo farlo, un po’ di riso bianco con zucchine e straccetti di pollo. Per essere felici, la migliore cheesecake del mondo. Anche se la mia preferita è la Torta Sacher, che non so cucinare, naturalmente. So solo che vivo di aria, scusa se sembra retorica. Preferisco le cose alcoliche per spiriti bollenti. Mi lasciano cosi, senza fiato. Prima o poi lo vedi che non è logica, la vita che ci capita, non è matematica. Forse unica. Un po’ dolce un po’ amaro, un po’ fango un po’ cielo. Bello cosi, disordinato. Giuste o sbagliate, uniche a regola d’arte. Tu che non sai mai niente e poi mi leggi nella mente. 

Versami Bacardi a litri, lavami. 

Ti annoia se usiamo il Gin? Il Bacardi mi ricorda molto le mie feste adolescenziali di Capodanno anno 2005. Bellissimi ricordi, nella taverna di Carlo. Solo geloso dei miei ricordi più belli. Quindi, preferisco il gin, un pensiero contemporaneo. Raccontami una storia, quando arriva la notte. Distese di neve qui davanti a me. Resto in piedi in silenzio con i pensieri distesi. Sono geloso, permaloso, riservato, segreto, silenzioso, permaloso. Ora dormi prima che tutto s’accende. 

Sono passati giorni mesi, forse anni. Ti ho ritrovato qui. Ti ho pensato. 

Se sono passati anni significa che non eri così importante. Mi ritrovi qui, grande, con un carattere troppo difficile e indipendente per accettare i compromessi e le situazioni banali. Se mi hai pensato, è un bene. Significa che ho lasciato un segno, seppur minimo e piccolo, allora qualcosa di buono l’ho fatto nella vita. Non dimenticare mai chi sono, anche tra miliardi di persone, dimmi che mi riconoscerai, come un sorriso in mezzo ad un prato di parole. Nello spazio oltre il muro del suono. Dovessi perdermi, amore stringimi, tienimi ancora così. Una promessa, una bugia, una verità. 

Come cazzo fai ad essere sempre uno splendido splendore? 

I filtri ingannano. Il mio splendore lo puoi ritrovare nei miei momenti più bui. In un venerdì sera qualunque, a casa, lontano dal mondo dove tutto è verde come un campo della Provenza che entra nella mente e nel corpo come una gioia gialla calda come il sole. Siamo le onde di un mare grande, siamo le stelle che suonano nei cortei, correnti che soffiano. Che colpo, basta essere te, non so fare quello che conviene. Non è quello che sembra ma è quello che faccio. 

Le nostre mattine, i nostri a dopo.

I tuoi “quasi quasi vado a correre”.

Tutti corrono per strada, e dove vado io senza di te? E arrivo al mare a piedi… che bei ricordi, sento un ritmo che sale, perché non sali anche tu? Caorle, 1995. Perché ti amo di più. Una camicia petrolio, un ciuffo biondo, una zia particolarmente variopinta, come i colori della tv, un gelato alla fragola, la sabbia bollente, il sole cocente, l’hotel al gelsomino, al vento i ricci e i capricci, le vacanze dalle valigie immense, che tragedia quando ti ho lasciata. I salti sulle giostre, i mercatini sulla passeggiata, una Renault rossa, i sandali di gomma panna, tanti abbracci, vestirsi da donna, fare uno spettacolo in camera dell’hotel, innamorarsi un poco, un pranzo grasso e 14 giorni d’amore, a luglio. 

Devo ridarti la tua felpa di Balenciaga, l’ho messa mentre scattavo un piatto di merda. 

Balenciaga con la merda: gli antipodi. Due elementi fondamentali della mia vita che contraddistinguono la mia persona. Balenciaga: il mio carattere Alternativo / Glamour / Bomba / Feroce / Elegante (a tratti) / NO SENSE / BLACK / Raro / Ricercatezza / SEMPLICE ma non troppo / Casual / Elevato. La merda: elemento quotidiano della mia vita, il mio primo pensiero, il pensiero di mezzo, l’ultimo prima di addormentarmi. Tutta la mia giornata gira intorno alla merda, non esco da casa se non la faccio. Ci penso e la trattengo tutto il giorno. Vivo di merda, lo so. Però è parte di me, di tutti noi. Ho mangiato cosi tanta merda negli anni che nemmeno ricordo, spalandola, raccogliendola per poi lanciarla, via. 

Ma poi con…

Piaciuto quel rachitico, secco…? 

No, mi fa cagare il secco, il rachitico. Preferirei affondare in una torta piena di crema pasticcera rosa e azzurro confetto, avere la bocca piena e sporca di panna. Chiudere gli occhi e ballare alla luce. 

Ho sempre pensato che la gente non sta bene quando non vuole la doppia, bis, please. 

La doppia razione è sempre interessante quando si è di bocca buona. Odio i numeri pari. Prediligo i dispari, in tutto. Tre piatti sono sufficienti per saziare la mia gioia. Anche se alla fine, tutto di riduce ad una dieta cinque su cinque. Che secchezza!

Chi è Fabio? 

Ma che ne so. Anni fa ti avrei risposto elencandoti tutte le cose fatte, elogiandomi (perché ero un ego riferito del cazzo). Ora non lo so esattamente chi so, ma so che sto bene cosi, e sono felice. Strano da dirsi, ma è vero anche se non sembra. Fabio è spesso isterico ecco. Punto. Se vuoi sapere cosa faccio nella vita, vai su Instagram, Linkedin (Facebook ormai è da boomer) oppure ti allego il CV. Se vuoi sapere chi è Fabio realmente, non posso risponderti qui. Tienimi su quando sto per caderetu siediti qui, parlami ancora, se non ho parole io non te lo chiedo maima portami al mare, ballare, non ti fidareSai quanto ti dico che va tutto bene così? E perdonami.  

Sono forte si, ma poi sono anche fragile. Non serve a niente di particolare, solo tornare a pensare che tutto è bello e speciale, non si dice mai ma voglio impegnarmi a salvare, un pezzo di cuore. Io non vivo senza sogni, e tu sai che è così… e perdonami se sono forte si. E se poi sono anche fragile? Vieni qui, ma portati gli occhi al cuore, io ti porto un gelato che non puoi mangiare. Non nasconderti, con le battute non ti allontanare. E ridiamo insieme che ridiamo sempre, ma non basta mai.  

Cosa vedi ora difronte a te?  

Il sedile di un treno AV direzione Milano in una domenica non qualunque ma il giorno prima della festa più inutile del mondo, quella di San Valentino. Un sedile inutile, grigio morte senza senso. Se in mezzo alle strade, o nella confusione, piovesse il tuo nome io, una lettera per volta vorrei bere. In mezzo a mille persone, stazione dopo stazione, se non scendo a quella giusta è colpa… 

Difronte a me? 

Un cervo con le ali. 

Spingimi, forse sono libero. 

Ascolto Marracash – NEMESI. 

Tu cosa senti? 

“Quando ti senti giù
Tu resti dove la luce balla
Il neon brilla, sembra una danza
Come fanno le star
Ti spegni se
Nessuno guarda più
Ma resti dove la luce balla
Chiudi il cielo nella tua stanza
La festa finirà
Solo la luna ti, ti parla” 

A palla arrivo… ti scrivo quando sono sotto… 

Non c’è il nome sul campanello, sorry. E potresti non trovarmi… chissà dove sarò … tra le luci di mille città. 

Fabio lo trovi qui

search previous next tag category expand menu location phone mail time cart zoom edit close